31 maggio 2006

Polemic corner: suonare dal vivo

È un po’ di tempo che volevo scrivere di questa roba qui, ma gli ultimi avvenimenti hanno fatto salire il livello del veleno oltre il livello di guardia. Sono parecchi anni che suoniamo assieme: certo, il genere che facciamo non è esattamente “commerciale”, “ballabile” o “in”, e ho messo gli aggettivi tra virgolette perché la percezione è sempre soggettiva; il dato di fatto è che a Milano (e dintorni) suonano solo le cover band (a volte bravissime), le tribute band (prevalentemente del cazzo, tranne lodevoli eccezioni, tipo i Pearl Pusher) e le band che fanno revival 60/70/80/90 etc (alcune davvero esplosive e trascinanti… se capitano gli Heat Flow del mio amico Fede dalle vostre parti, non perdeteveli!!!).
Per chi fa musica propria, rock di stampo tipicamente americano, non c’è spazio. Punto. Già perché il rock (rock?) di stampo anglosassone, quelle cagate tipo White Stripes, Franz Ferdinand e roba del genere, va molto di più… oppure il tipo che ti chiede “Oh bello, fammi Albachiara!!”: vai a fartela suonare da qualcun altro.
Per dire, voglio fare Rain King dei Counting Crows, Lucky Town di Bruce Springsteen, Bittersweet dei Fuel o State of Love and Trust dei Pearl Jam: la gente si chiede ”Cos’è ‘sta roba?”, va via dopo mezzora e il gestore del locale non ti chiama più. Fine della storia.
Non voglio discettare in questa sede della (mancanza di) cultura musicale in Italia, non sono la persona adatta e sono parziale perché mi piace rovistare nei pezzi meno conosciuti dei miei idoli: la verità, purtroppo, è che la musica dal vivo in Italia si riduce ai grandi nomi e ai gruppi che riempiono i locali.
E qui si inseriscono le varie, sedicenti, a tratti esilaranti e a tratti squallide “agenzie di promozione” (o come cavolo le volete chiamare). Che dire di R***T****** I*****, che “dovrebbe” dare la possibilità di suonare e farsi conoscere? La giuria di qualità (qualità?? Ma dove?) arriva n ritardo e va via prima, magari perdendosi gruppi che, seppure magari non i nuovi idoli del rock, meritano sicuramente di andare avanti… badate bene, pur se capitato al nostro gruppo, non voglio passare per l’immodesto che pensa di essere più bravo di tutti: semplicemente, a giudicare dagli applausi della gente che c’era (e non tanti erano i nostri abituali fan), tanto cagare non dovevamo fare. O del fatto che si arriva al locale e ci viene detto “ragazzi, non ci sono gli amplificatori”: vi sembra una cosa seria?
Il livello medio di serietà, a Milano, è questo.
Non mi dilungo oltre, sono già stato troppo prolisso e anche troppo polemico: e se qualcuno si fosse offeso… beh, amen.
Attendo i commenti dei frequentatori musicisti (e non).
L.
PS: gli asterischi servono a farvi capire senza fare pubblicità a chi non se la merita.

8 commenti:

Gian Paolo ha detto...

Credo che il problema principale, a Milano, sia l'assenza di locali che possano proporre liberamente musica dal vivo. Liberamente nel senso che possono permettersi di non riempire tutte le sere il locale, ma diventare un posto dove andare quando vuoi ascoltare musica live, anche senza conoscere chi e cosa suona. I locali milanesi che una volta lo facevano (penso all'Indian's in primis) oggi sono adibiti all'esibizioni di gruppi per concorsi musicali, promossi da agenzie, con serate nel fine settimana dedicate alle cover/tribute band. Peccato. In effetti saranno anni che non suono per più di mezz'ora, e non vedo altri gruppi emergenti farlo. Ricordo ancora le mitiche scalette di 16 pezzi.. Purtroppo sono pessimista, e credo che ormai funzioni così. Nessun locale, gestito da un sano di mente, cambierebbe questa situazione: il locale ci guadagna di più, nel breve periodo. Entrate a prezzi folli (in effetti se vedere concerti oggi costa tra i 50 e i 100 euro, un mio concerto ne vale 10), a volte anche senza consumazione, orari di esibizione difficili e invito a vendere personalmente i biglietti.. forse oggi, da anziani, ci pesa di più, forse, nel nostro piccolo, abbiamo vissuto la sensazione che il 90% della musica oggi gira per far soldi. Forse lo è sempre stato, solo che negli anni '70 venivano incoraggiati artisti che proponevano le loro idee ed erano molto personali, perchè quello la gente che ascoltava musica cercava. Oggi, forse, la gente non è interessata ad originalità, ma a canticchiare o ballare il motivetto facile, meglio ancora se sa di "già sentito". Probabilmente, anche l'originalità dei musicisti è diminuita.
In conclusione, so che se voglio suonare dal vivo spesso devo tirar su una cover band (anche se devo scegliere bene che pezzi fare), ma il piacere e la soddisfazione di improvvisare e creare qualcosa di originale, beh, quella è proprio un'altra cosa. In qualche modo ci adatteremo! Ormai a Milano li abbiamo provati (quasi) tutti..
Sulla professionalità degli organizzatori e dei gestori dei locali, beh, non mi scandalizzo: non è necessaria, devono essere bravi a vendere e motivarti a riempire il locale. Sulla professionalità dei fonici... quelli bravi sono da altre parti. Saluti a tutti!

Luca ha detto...

Io invece sono convinto che la musica dal vivo (quella originale, bella o brutta che sia) sia una nicchia che è rimasta, in un certo senso, abbandonata: nel senso che non è possibie che a Milano siamo solo in 5 che cerchiamo questi locali!!! Così come dopo gli anni '80 questo tipo di posti è rinato ed ha tirato avanti per buona parte dei '90, forse potrebbe essere una scelta che paga anche adesso (o nel breve periodo)... poi è tutto da capire perchè a Rimini i pub che fanno live sono più che tanti (visto e sentito in prima persona), mentre a Milano si contano sulle dita di una mano... mistero buffo.
L.

Gian Paolo ha detto...

peccato non abbia ancora risposto nessuno dei musicisti che bazzicano da queste parti.. non ci legge nessuno o siete diplomatici? ;) o forse vivete in una situazione diversa?

Luca ha detto...

O siete gestori di locali? O siete passati ai Dj set?
;))

L.

Luca ha detto...

Autocensura di regime ha imposto l'edit del Blog.

L.

Anonimo ha detto...

White Stripes "di stampo anglosassone"?? "cagata"?
Si puo' guarire un uomo da ogni fobia tranne la vanita'.

Anonimo ha detto...

scusate se m'intrometto, ma penso che purtroppo serva a poco prendersela. la serata alla blueshouse è stata un esempio di quanto la gente vada a sentire musica dal vivo senza alcuna curiosità ed interesse, mancando oltretutto di rispetto (basta stare seduta tra il pubblico, osservare ed ascoltare intorno). difficile trovare persone attente e poco superficiali. difficile andare oltre la musica di massa. penso valga per un po' tutti i campi della vita

Luca ha detto...

De gustibus non disputandum est: a me i White Stripes, semplicemente, non piacciono;)
Per quanto riguarda il termine "anglosassone" mi riferivo ai suoni, che io sento molto british (abrasivi, con molte frequenze medio-alte, molto "fuzzosi"), e per quanto riguarda la "cagata", beh, è un'opinione del tutto personale: qualcuno potrebbe dire la stessa cosa dei Def Leppard (che invece io adoro).
Comunque grazie a tutti per i contributi che state dando che, spero, darete: punti di vista diversi allargano gli orizzonti (il che è quasi sempre cosa buona).
L.